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Intervista al general manager di Lime Italia Matteo Cioffi

“Lime è l’azienda di veicoli elettrici condivisi più grande del mondo”. Queste sono le prime parole che si leggono nella sezione “Chi siamo” del sito del brand. Quando si parla di mobilità in sharing, Lime è uno dei principali player con servizi attivi in oltre 250 città, in più di 30 Paesi. In Italia opera dal 2020 dove è partita da Milano e ora offre i suoi servizi in 12 comuni (Milano, Roma, Torino, Rimini, Bari, Segrate, Monza, Bergamo, Verona, Napoli, Palermo e Catania). Nel 2022 i noleggi sono aumentati dell’80% rispetto all’anno precedente, a testimonianza del suo successo e del fatto che agli italiani lo sharing piace sempre di più.

Con Matteo Cioffi, general manager Lime Italia, abbiamo fatto una pedalata per le vie di Milano e una bella chiacchierata sui due aspetti cardine del futuro della mobilità in sharing: ecologia e sicurezza.

Intervista al general manager di Lime Italia Matteo Cioffi 2

Iniziamo con una panoramica di Lime in Italia.

Noi abbiamo un’offerta composta per il 60% da monopattini e il 40 da bici. Una flotta in Italia composta da circa 15mila mezzi. C’è grande intercambiabilità di utilizzo: il 20% dei nostri utenti utilizza sia le bici che gli e-scooter a seconda delle esigenze e della disponibilità. Ci sono poi anche delle peculiarità come la conformazione: dove le vie sono più strette si predilige l’utilizzo del monopattino, mentre in corrispondenza di hub interzonali o stazioni metro-ferroviarie l’utilizzo della bicicletta è più favorito.

Cosa offre in più Lime per fidelizzare gli utenti?

Crediamo che il successo dipenda da tre ingredienti fondamentali: la disponibilità dei veicoli, il loro perfetto funzionamento e la capacità di ingaggiare continuamente gli utenti comunicando con loro. Disponibilità vuol dire essere sempre in grado di fornire mezzi dove c’è più domanda a seconda dei profili della giornata o dei profili di utilizzo cittadini. La qualità dei veicoli dipende dalla ricerca e sviluppo, risultato di anni di sperimentazione e feedback ricevuti. L’interazione con gli utenti avviene attraverso la nostra app e per questo deve essere immediata, pronta all’uso, frictionless e al tempo stesso deve ingaggiare sui temi fondamentali: parcheggio, educazione stradale, rispetto delle regole e – sempre di più – dare informazioni.

Come si integra lo sharing con gli altri mezzi di trasporto?

Crediamo molto nell’intermodalità e sappiamo che la bici o il monopattino sono parte di un percorso più ampio e vengono utilizzati in congiunzione con altri mezzi. Più del 65% dei viaggi fatti a Milano nel 2022 sono terminati o iniziati nel raggio di 100 metri da una stazione metro-ferroviaria. Questo a conferma che l’utilizzo è interconnesso con altre forme di mobilità. Ci sono peculiarità degli utenti in base ai diversi Paesi? L’Europa è fortemente evoluta sulla micro mobilità grazie al tessuto urbano, alla conformazione delle strade o anche per la maturità degli utenti che sono già abituati a forme alternative all’auto privata. Questo determina uno spostamento da un utilizzo leisure che vediamo nel fine settimana o che fanno i turisti nelle altre città. In Europa l’utilizzo è molto concentrato sui percorsi ricorrenti fatti da cittadini e commuter.

Parliamo di sicurezza. La tecnologia permette di individuare i comportamenti scorretti. Come mai non si sanziona chi fa un uso “illegale” dei veicoli?

Noi lo facciamo su un ambito specifico, che è quello dei parcheggi. Sappiamo quali sono le esigenze delle città dove il decoro urbano e la capacità di ordinare questi mezzi è una priorità. Abbiamo cominciato opere di sanzionamento quando l’utente continua a parcheggiare in modo scorretto. In questo caso ci sono tre segnalazioni prima dell’attivazione di una fee di 1 euro. È un importo ridotto che però vuole continuamente educare l’utente al corretto uso. Riteniamo che questo sia l’ambito dove c’è più necessità d’intervento. Altri casi di comportamenti scorretti vengono verificati ex post (in caso di incidente, ndr).

Ci sono però altre infrazioni importanti che potrebbero essere prevenute con una sensoristica basilare. L’utilizzo in due, per esempio.

C’è un tema di trade off tecnologico, perché la sensoristica avanzata è più complessa; quella che servirebbe per permettere all’utente di avere un utilizzo immediato, nel pieno rispetto delle regole e andare a identificare quelle casistiche dove effettivamente si sta commettendo l’infrazione. Le sperimentazioni sono però in atto. Già adesso siamo sulla buona strada, abbiamo la tecnologia per poter con un certo grado di affidabilità rilevare questo tipo di contravvenzioni.

Cosa pensate dell’obbligo di casco?

Riteniamo che la mobilità in sharing presenti delle caratteristiche di maggiore sicurezza rispetto alla micro mobilità non vincolata. I nostri sono mezzi controllati e con velocità limitata. Se tutte le regole vengono rispettate (dal parcheggio, alla detection, all’identificazione di zone di bassa velocità al vincolo in quelle dove è alto il rischio) e grazie anche alla tecnologia, riusciamo a creare un ambiente sicuro in cui muoversi. Con upgrade dei mezzi, sia eBike che monopattini, alla Gen 4 abbiamo visto una riduzione drastica di incidenti. Oltre il 99,99% di viaggi terminano senza alcun sinistro.

Il fatto che ci siano mezzi sempre più sicuri non rende comunque più o meno necessario utilizzare il casco?

Crediamo che ci sia tantissimo valore nel mettere a terra in modo sempre migliore tutte le regole che già ci sono. Riteniamo che essere sicuri che l’utente stia sempre utilizzando il monopattino nel pieno rispetto delle regole e che la mappa non gli permetta di andare in zone ad alto rischio, abbia un impatto molto alto sulla sicurezza degli utenti. Quindi crediamo che continuare a insistere su questa via ci permetta di avere risultati molto più alti dell’utilizzo di elementi che portano sicurezza e sono comunque discrezionali in questo momento. Ovviamente l’utente se vuole può usare il proprio casco.

Parigi ha vietato i monopattini in sharing, cosa ne pensate?

Parigi è un unicum nel panorama sia europeo che mondiale. È una città che ha deciso di percorrere un percorso che non è stato seguito dalle altre grandi metropoli. Tutte stanno dando più regole per l’uso di questi mezzi e hanno deciso di alzare l’asticella per entrare a far parte dei bandi. Ci sono casi anche in Italia di Comuni in cui si è deciso di non ammettere ab origine i monopattini: diverso è il caso in cui si decide che il naturale prosieguo del servizio – peraltro utilizzatissimo a Parigi – sia quello di interromperlo. Crediamo che l’evoluzione sia quella di dare delle regole sempre più certe e avere requisiti più alti per avere più sicurezza.

Come vi approcciate, voi e gli altri player, alla scelta di nuove città per espandere lo sharing?

Noi guardiamo due macro dimensioni. La prima è la domanda potenziale, quindi la grandezza della città e questioni relative al reddito e ai flussi turistici. La seconda è relativa alla strategia della città: qual è l’impianto infrastrutturale in essere (ciclabili o limitazioni alla circolazione delle auto) e consideriamo anche la visione a lungo termine in termini di investimenti. Il nostro focus è sempre di più sul secondo aspetto e proprio per questo stiamo ampliando la nostra offerta verso città più piccole ma con una visione fortemente sinergica con la nostra.

Ecologia. Il trucco è fare mezzi che durino più a lungo e utilizzare energie rinnovabili. Oltre questi aspetti, ci sono altri fronti sui quali state lavorando?

Puntiamo molto sul riciclo. I nostri mezzi sono modulari e questo ci permette di prendere le componenti, ripararle e riutilizzarle per aumentarne il ciclo di vita. Facciamo in modo che anche se sviluppiamo nuovi modelli di bici la componentistica abbia una nuova vita. Un altro aspetto è quello dell’intercambiabilità delle batterie tra eBike e monopattini. Questo agevola tantissimo la logistica e riduce l’impatto ambientale dei mezzi che servono per la movimentazione.

In conclusione, come si evolverà la mobilità nei prossimi anni?

La nostra visione è che le città più evolute faranno grandi investimenti infrastrutturali (piste ciclabili) e forti investimenti nell’espansione del trasporto pubblico. Inoltre, aumenteranno le limitazioni in ambito urbano dell’auto privata. Il consumatore tra 10 anni utilizzerà molti mezzi dove tra i tasselli non ci sarà più l’auto privata.